Essere Psicologo tra la Voce dei Pregiudizi
In questo articolo dal formato volutamente inusuale, una fantomatica Dr.ssa Rilche sarà pacificamente chiamata a rispondere ad alcuni quesiti circa il ruolo e la figura dello psicologo. Le voci che la interrogano incarnano solo alcuni tra i più inossidabili pregiudizi riguardanti concetti fondamentali quali l’identità, la relazione la salute mentale.
Che il sipario si levi…
In nome della L. 18/02/89, n. 56 “Ordinamento della professione di psicologo” e degli studi da lei conseguiti, lei è riconosciuta come psicologa psicoterapeuta. Oggi è chiamata dal Popolo dei Pregiudizi a rispondere ai capi di accusa circa l’utilità e il sussistere della sua professione.
I) Chi nasce quadrato non muore tondo

Chi nasce quadrato, non muore tondo!
Sig.Gino: Io vorrei chiedere, cosa ci vado a fare dallo psicologo se io sono fatto così. Tutti mi dicono che sono uguale a mio nonno. Dicono che sono un po’ impulsivo, ma sono una brava persona.
Dr.ssa Rilche: Signor Gino, il suo essere fatto così, sembra avere qualcosa di immutabile e quasi ereditario. Di fatti, esistono delle tendenze, dei comportamenti, dei meccanismi di azione e pensiero che si stabilizzano e che come cemento al sole della vita si solidificano. Soprattutto se confermati da giudizi esterni come quelli che la gente riporta, ad esempio, circa la sua somiglianza con il nonno. Un pensiero rinforzato e confermato finirà facilmente per diventare una credenza.

Chi nasce quadrato, non muore tondo?” di Beatrice Gaspari
Il punto non è stabilire se lei somigli o meno al nonno, ma sperimentare ad esempio con curiosità la possibilità di pensarsi diverso da lui intercettando cosa la renderebbe tale. Potrebbe chiedersi, quanto le piaccia o meno il fatto che gli somigli e che la gente glielo confermi? Pensi quanto abbia potuto influenzarla il fatto di vedersi come lui piuttosto che come qualcun altro. E il suo essere impulsivo, avrà giocato a suo vantaggio molte volte ma altre magari no. E se riuscisse a capirla questa impulsività? E a padroneggiarla?
II) Non ti manca nulla, l’importante è la salute
Sig.ra Franca: Io vorrei sapere perché andare dallo psicologo quando fisicamente sto bene. I miei familiari mi dicono che sono fortunata, che la salute deve essere al primo posto e che preoccuparmi dell’ansia è ridicolo. Vedrai, con una gita al mare o lo shopping con Rita passerà tutto!
Dr.ssa Rilche: Signora Franca, i suoi parenti hanno ragione di consigliarle la gita al mare o lo shopping con Rita perché queste attività, suppongo, la facciano stare bene. La salute ha di sicuro un ruolo prioritario, ma al concetto di salute fisica bisognerà pure integrare quello di salute mentale. Già tracciare un confine netto tra le due potrebbe risultare difficile, ma riflettiamo a quell’ansia che potrebbe tenerla sveglia la notte e costringerla a lottare per non addormentarsi a lavoro. È davvero meno invalidante di un mal di schiena?
Insieme a tutte le ipotesi circa la presenza di un mal di schiena, perché non iniziamo a fare ipotesi su quell’ansia? Come si manifesta e come ci sta influenzando?
Fare shopping, andare al mare è importante perché stimola la produzione di sostanze endogene che ci fanno sentire meglio, ma osservare quel fiume in piena vale la pena per evitare di cascarci dentro e di annegare. Molte volte i salvagente avranno la forma ovale di alcune compresse che placheranno le acque nascondendo un fondale torbido e pericoloso.
III) Trova un altro più bello che problemi non ha!
Melanie: Dottoressa, io vorrei sapere perché noi adolescenti dovremmo rivolgerci allo psicologo, quando ci sono i nostri amici con i quali potersi sfogare. Alberto mi ha lasciata due settimane fa e i miei amici dicono che la colpa è sua e che non mi merita. Sono una stupida, una piagnucolona a pensarci ancora! Non capisco perché i ragazzi stronzi capitino sempre a me!
Dr.ssa Rilche: Melanie, le amicizie, come la gita al mare o lo shopping per Franca possono rappresentare una dose giornaliera di sollievo con funzione ansiolitica, ci aiutano, tra le altre cose, come dici tu, a sfogarci. È rassicurante pensarsi protetti nella propria sofferenza. Ma dopo quel momento di sollievo quante volte rientrando a casa hai continuato a pensarci su? A rimuginare? Ti sei svegliata con un nodo alla gola?
Dopo due settimane di sofferenza ti senti stupida a piangere ancora con il moccolo al naso, ma pensa di quante aspettative, desideri, bisogni hai caricato questa relazione. Ora ci stai male, forse sei delusa, arrabbiata, triste. Forse tutte queste cose o nessuna. Forse potresti indagare su questo caleidoscopio di emozioni e reazioni. E anche sulle giustificazioni e spiegazioni che attribuisci a tutto questo magma. Prendiamo la frase “I ragazzi stronzi capitano sempre a me” potrebbe far pensare ad una sfortunata casualità. Casuale può essere un incontro, ma la volontà di scegliere di continuare?
E allora perché mai ci andiamo ad infilare sempre nelle stesse dinamiche? Meccanismi relazionali a volte disfunzionali si attivano in noi con grande forza e così tacitamente e velocemente da non farcene rendere conto. Occhio a considerarle solo delle sfortunate coincidenze.
IV) Quello sta fuori! La gente è strana!
Sign. Alessandro: Io vedo che la nostra società è piena di gente fuori di testa, tutti in preda alle emozioni, pericolose e fuori controllo. Riconosco la follia nell’altro. Ne ho paura. Come si può essere utili alla società in questo modo? Con la mia razionalità ho sempre saputo distinguere il bene dal male. Quale bisogno di rivolgersi ad uno psicologo quando abbiamo la razionalità?
Dr.ssa Rilche: Alessandro, quindi se ho capito bene il metro di giudizio per determinare la follia o la sanità mentale sarebbe la ragione? Ti sei mai chiesto cosa determina invece la giustezza della ragione? E queste emozioni, pericolose e incontrollabili? Lo studio di casi clinici e le diverse ricerche neuroscientifiche hanno rivelato degli inestricabili legami tra la funzionalità emotiva e l’agire razionale. La scelta che tu chiami razionale è intrisa di emotivo ed è bene che lo sia. Se non avessi paura viaggeresti a 200 km/h rischiando di morire. Rifuggire da un’idea di irrazionalità dell’essere umano ci condanna con più forza verso un abbrutimento delle nostre facoltà. Accettando e riconoscendo la parte irrazionale (che non sempre coincide con le emozioni) compiamo un passo rivoluzionario verso quella che è la consapevole conoscenza di noi stessi.
Si cali il sipario…
Le voci provocatorie del pregiudizio sono apertamente indirizzate alla figura dello psicologo, ma se ci pensiamo bene descrivono anche le rappresentazioni che possiamo avere di noi stessi e degli altri e di conseguenza le possibilità di sperimentarci diversamente.
Lo psicologo accompagna la persona verso la consapevolezza di sé, dei suoi modi di stare al mondo, di agire e di pensare. Funge da figura vicariante di dialogo con noi stessi favorendo la messa in discussione di giudizi monolitici sulla nostra identità, sulle relazioni e sulla realtà.
Forse, prima di qualsiasi cosa, varrebbe la pena ripartire semplicemente da qui. Da quello che pensiamo essere, da quello che ci aspettiamo di essere e da quello che possiamo realmente essere.
Illustrazioni: Beatrice Gaspari
Di seguito qualche breve articolo e video che consiglio di visualizzare:
- A tutti (compresa la Dr.ssa Rilche) rispetto ad uno dei modi di vedere il lavoro psicoterapeutico. L’approccio cognitivo-costruttivista:
- All’ Alessandro che è in noi rispetto al modo di ripensare la nostra parte emotiva ed irrazionale:
Alla Melanie che è in noi rispetto alle sue sfortunate coincidenze: